La prima storia inquietante che ci viene raccontata in questo collage lungo un’ora di danze e diatribe, orrore e amore, riguarda un uomo di nome Tantalo, che uccise suo figlio e lo fece a pezzi con lo scopo di darlo in pasto agli dei. Ma gli dei se ne accorsero e mandarono Tantalo nell’Ade per punirlo. Lo costrinsero a stare in una pozza d’acqua sotto un albero da frutto, con sia il cibo che l’acqua appena fuori dalla sua portata: “Torturato dalla sete”, ci viene detto. “Tantalizzato per sempre.”
La storia di Tantalo come origine della parola “stuzzicato” è un buon inizio per “Aristotele pensa ancora”, dal momento che siamo stuzzicati da ciò che è appena oltre la nostra portata in questo spettacolo – non cibo e acqua, ma, come in molti di questi esperimenti pièce teatrali, una trama semplice e un significato cristallino.
Sarebbe però troppo duro chiamarla tortura.
“Aristotle Thinks Again”, a La MaMa fino al 4 febbraio, utilizza le storie raccontate da eminenti artisti dell’antica Grecia per commentare la violenza, la famiglia e l’amore nei tempi moderni – espressi da alcuni eminenti artisti dell’avanguardia americana. Il drammaturgo ottantenne Chuck Mee (“Grande amore“) ha scritto il testo, e il quartetto della Great Jones Repertory Company che esegue, ha co-creato e co-coreografato la produzione include Valois Marie Mickens, una donna con un nome splendido e una gloriosa storia di oltre mezzo secolo con taglienti -teatro all’avanguardia; un membro originale di Great Jones, fondato nel 1972.
È lei che, davanti a un dipinto di gusto classicheggiante di quello che probabilmente è un incontro di filosofi greci, ci racconta la storia di Tantalo come se fosse la sinossi di un’opera teatrale (“Atto 1, scena 1 Tantalo, amico mortale di gli dei…Scena 2 Gli dei si rendono conto della verità e sono inorriditi…”) e poi racconta allo stesso modo le generazioni che seguirono Tantalo nella casata maledetta di Atreo – più familiaremente, Agamennone e Clitennestra, Oreste ed Elettra.
Quando ha finito con questi orrendi racconti di incesto e omicidio, conclude: “È così che vediamo rivelata la natura terribile di ciò che significa essere umani – quella natura che cerchiamo sempre di superare”.
Vediamo il resto dell’insieme (di una generazione più giovane) sprofondare nella violenza, o elevarsi nell’amore. Ballano indossando toghe o camicie bianche immacolate, o abiti moderni con maschere di animali.
Si trasformano in moderni completi da lavoro e indossano il tipo di inquietanti maschere di gomma che le persone nelle marce di protesta indossano per deridere i presidenti degli Stati Uniti; se non riuscissi a individuare le loro identità particolari, sono certamente destinati a essere vecchi bianchi con potere.
Così vestiti, rimbalzano sul pavimento, litigano violentemente, rievocano corteggiamenti unilaterali e riff sulla natura dell’amore. (“Nasci, muori nel mezzo, se sei fortunato hai un grande amore; non due, non tre, solo uno.”) Valois Marie Mickens torna per fornire una sinossi come se fosse un’opera teatrale di l’antica storia d’amore greca Dafni e Cloeche è contorto e pieno di pericoli ma ha un lieto fine.
Senza maschere, gli artisti parlano dell’apocalisse e rispondono alle domande: quali tre cose vorresti portare con te dall’altra parte? Quale cosa vorresti lasciare dietro di te? – Quindi fai le stesse domande ad alcuni membri del pubblico.
Una donna tra il pubblico ha detto che avrebbe preso “Platone”. Sospetto che abbia tratto molto da questa commedia.
Aristotele ci ripensa
La MaMa fino al 4 febbraio
Durata dello spettacolo: 60 minuti
Biglietti: $10-$30
Eseguito, co-creato e co-coreografato da maura nguyen donohue, John Maria Gutierrez, Valois Mickens, Kim Savarino e Marcus McGregor.
Diretto da Dan Safer (Witness Relocation) con testo originale del drammaturgo Chuck Mee, musica composta da Julia Kent, scenografia disegnata da Sara Brown, luci di Jay Ryan, costumi di Alicia Austin e sound design di Attilio Rigotti
Foto di Maria Baranova
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