Visto da una prospettiva umana, “Flow” si svolge dopo la fine del mondo. Tuttavia, per gli animali rimasti, questa non è che l’apice della fine dei tempi. Questo perché, come se la scomparsa della civiltà umana non bastasse, un’alluvione torrenziale inonda rapidamente l’intera foresta, con enormi alberi che scompaiono sotto le onde, colline che diventano isole e un enorme monumento a un gatto che si allaga lentamente fino a svanire sotto il acqua. Per non parlare del gigantesco mostro lovecraftiano simile a una balena (il che farebbe venire l’acquolina in bocca a James Wan) che improvvisamente ha regole su questo nuovo mondo. Più tardi, vediamo le rovine di quella che sembra un’antica metropoli con il suo enorme anfiteatro, ora pieno di enormi canali dopo essere stato allagato.
Il film vero e proprio è in parte un film di ritrovo, poiché il nostro gatto protagonista trova rifugio accanto a un capibara in una barca a vela che diventa una piccola arca per sfuggire al diluvio. A loro si uniscono presto i membri di molte altre specie animali, tra cui un entusiasta labrador, un lemure che raccoglie ogni oggetto luccicante che riesce a trovare e un uccello segretario che per lo più se ne sta in disparte durante la navigazione della barca. Ma “Flow” è anche in parte un film catastrofico ed è pieno di scene emozionanti, con i personaggi che vengono separati dalla barca (di solito il gatto) e che incontrano altri animali con cattive intenzioni. Dopotutto, il mondo è finito e ora si sta trasformando in qualcosa di ancora più pericoloso e isolato: un Waterworld (uno senza Kevin Costner, intendiamoci).