Lo streaming non può essere Quello male, vero? Gli spettatori a casa ora hanno la possibilità di trovare migliaia e migliaia di titoli a portata di mano, rendendo il cinema e la televisione più accessibili ora che probabilmente in qualsiasi altro momento della storia. I registi più esperti continuano a sfruttare appieno piattaforme come Netflix e Apple TV+, che danno l’opportunità di realizzare quel tipo di film audaci ma rischiosi che gli studi tradizionali hanno improvvisamente avuto il terrore di produrre e distribuire per il grande schermo. E soprattutto, possiamo godere di tale comodità senza l’intrusione di fastidiose pubblicità e interruzioni pubblicitarie. È una vittoria per tutti… non è vero?
Beh, se solo fosse così semplice. Disney, WBD e Comcast non amerebbero altro che far credere ai clienti che i loro rispettivi pacchetti di streaming siano l’inevitabile passo successivo verso un’esperienza più luminosa e più user-friendly, ma non è proprio così. Per prima cosa, il nostro panorama mediatico rimane più fratturato che mai. Invece di avere un buffet di opzioni davanti a noi, come avveniva ai tempi della TV via cavo, la realtà è che le famiglie della classe operaia devono ancora sborsare più soldi per accedere a scelte di intrattenimento sempre più frammentate. Vuoi rannicchiarti con una visione confortevole del cibo dopo una lunga giornata di lavoro? Bene, i fan di “Abbott Elementary”, gli ossessionati di “Fallout” e quelli di noi che stanno attraversando “Brooklyn Nine-Nine” è meglio che siano pronti ad acquistare tre abbonamenti raggruppati separati e costosi.
Oh, e nonostante tutti quei soldi già buttati via, ci si aspetta ancora che tu paghi il conto sempre più costoso per liberarti della pubblicità (che, ovviamente, avrebbe dovuto essere il punto centrale dello streaming). Dovremmo credere che il raggruppamento sia il futuro economicamente vantaggioso? Diciamo solo che rimaniamo molto scettici.