Togliamo qualcosa di mezzo. “One Piece” è piuttosto lungo, sì. Ma sebbene questo sia il più grande ostacolo all’inizio dell’anime, è anche il suo più grande punto di forza. La bellezza delle storie di lunga durata, in particolare degli anime e dei manga, è vedere come il mondo cambia e si espande nel tempo e come i personaggi crescono e si sviluppano. Ecco perché il mondo di “One Piece” è simile a quello di “Star Wars” o “Il Signore degli Anelli”; sembra reale e vissuto, e i personaggi cambiano nel tempo.
I personaggi diventano anche più complessi col tempo man mano che i loro archi progrediscono e arriviamo a saperne di più su di loro. Ogni personaggio, non importa quanto piccolo, ha profondità, motivazione, difetti e dimensioni. Hanno anche alcuni dei retroscena più devastanti e strazianti di tutti gli anime. Prendi Usopp, il comico e bugiardo designato dei Pirati di Cappello di Paglia. Lo guardiamo passare dall’essere un inutile codardo a diventare un membro affidabile (anche se ancora codardo) della squadra e una sorta di dio (è una lunga storia).
Allo stesso modo, il mondo di “One Piece” cresce e cambia anche quando i personaggi principali non sono presenti. Vediamo costantemente eventi sullo sfondo prendere lentamente forma anche in archi narrativi più piccoli, portando a cambiamenti catastrofici che alterano per sempre il mondo e le persone che lo abitano. Proprio come “Breaking Bad”, il mondo di “One Piece” è pieno di richiami. Oda è un maestro nel collegare i punti e nel far sembrare importante ogni aspetto della storia, ripagando anche il più piccolo dei preparativi anni ed eventi decenni dopo. Ciò rende gli oltre 1.000 episodi non solo una necessità ma una caratteristica, poiché la lunga attesa per ottenere una risoluzione lo rende immensamente più soddisfacente.