Negli spazi espositivi di Galleria Continua è stata presentata “Neither Nor”, un’esposizione che ripercorre dal 1995 ad oggi la carriera creativa di uno tra i più importanti ed influenti artisti contemporanei, Ai Weiwei. Un evento unico, che vede l’intero cinema-teatro sede della galleria completamente invaso dalle opere dell’artista: a partire da un’ampia selezione di opere, recenti o inedite, realizzate con i mattoncini giocattolo, opere storiche in porcellana, legno, marmo, bambù fino agli assemblaggi di materiali diversi.
Sulla scelta del titolo l’artista dichiara: “Nell’epoca attuale ci troviamo di fronte a un panorama culturale che tende agli estremi, dove tutto si riduce a una scelta binaria tra bianco e nero. Questa tendenza è profondamente arretrata e preoccupante e ricorda periodi autoritari della storia, come le prime purghe sovietiche, l’era McCarthy negli Stati Uniti, la Rivoluzione Culturale in Cina e l’ascesa del nazismo negli anni ’30 e ’40. Tempi nei quali, non solo i diritti umani furono gravemente violati, ma anche l’essenza stessa della natura umana e le convinzioni collettive della gente comune furono profondamente danneggiate. Il titolo “Neither Nor”, intende trasmettere che, nella maggior parte dei casi, il nostro pensiero non è limitato a verità assolute o singole interpretazioni, ma piuttosto esiste in uno stato di ambiguità che consente maggiori possibilità e dibattiti. È all’interno di questo stato di ambiguità che il pensiero e la cultura umana, compresa l’arte, trovano l’ambiente e lo spazio per prosperare. Di conseguenza, è spesso difficile fornire risposte definitive sì o no; indipendentemente dalla risposta, c’è un forte senso di esclusività e una mancanza di tolleranza per prospettive alternative.”
Artista concettuale, scultore, pittore, performer, fotografo, architetto e urbanista, collezionista, regista (di cinema, documentari, teatro e opera), attore, musicista (cantante e paroliere), scrittore ed editore, blogger, giornalista d’inchiesta, attivista per i diritti umani e dissidente. Ai Weiwei è un artista impossibile da etichettare; prolifico, impegnato, aperto a ogni innovazione combina con sapienza arte, vita privata e impegno politico. Profondo conoscitore della tradizione del suo paese natale, interpreta i motivi, i processi di fabbricazione e i materiali tradizionali in modo ludico e iconoclasta denunciando le contraddizioni tra individuo e collettività nel mondo contemporaneo. Una riflessione acuta, che non cade mai nella retorica, visionaria e in grado di disorientare sempre e comunque, è la cifra che scandisce la sua parabola di uomo e di artista.
Nelle sale al primo piano della galleria la mostra propone, per la prima volta, un percorso esaustivo delle opere realizzate tra il 2019 e il 2023 dall’artista attraverso l’assemblaggio di centinai di mattoncini giocattolo. “I LEGO vengono utilizzati per trasmettere messaggi personali e contengono storie legate a me, alla mia infanzia e alla mia educazione. Pixel, digitalizzazione, segmentazione, frammentazione e disconnessione forniscono una libertà unica per la riproduzione, consentendo una svolta qualitativa e quantitativa nella formazione delle immagini che si allontana dall’ordine, dal metodo e dalla composizione ampiamente utilizzati. È simile all’uso dei mosaici antichi e alla presentazione dei tessuti (seta, lana) e dei tappeti, che hanno una lunga tradizione. Come la stampa a caratteri mobili in legno della dinastia Song (1000 d.C. circa), i metodi e i mezzi di produzione hanno sostituito il controllo manuale e ciò ha portato a un elevato livello di accuratezza e precisione delle immagini completate. Questo è il vantaggio linguistico della tecnologia informatica e una presentazione figurata di un sistema logico intelligente per l’era digitale (…) l’esistenza e la logica dell’utilizzo di LEGO come struttura sono sorprendentemente coerenti con la logica della mia espressione sui social media, inclusi tweet e immagini di Instagram. Entrambi comprendono i fattori temporali e spaziali, l’appiattimento, la frammentazione e la continuità espropriata dei media e della realtà, inclusa l’esistenza stessa, le ideologie, la politica e gli avvenimenti, gli approcci linguistici della cultura e dei sogni”. Afferma Ai Weiwei.
Un viaggio nella storia che ha inizio dal Rinascimento: le prime due sale ci accolgono con “Sleeping Venus with Coat Hanger”, al dipinto originale attribuito a Giorgione Ai Weiwei aggiunge, accanto alla dea romana della fertilità, una gruccia in memoria dei brutali aborti autoindotti prima che l’interruzione della gravidanza diventasse legale; “The Rape of the Daughters of Leucippus in Untitled (After Rubens)”, il ripetersi dei singoli Lego restituiscono i colori, il vigore dei corpi e la potenza della composizione, a questa l’artista giustappone un panda, simbolo del potere statale cinese contemporaneo. “Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande Jatte “ di Georges Seurat si attualizza con l’immagine di un rifugiato: la risposta di Ai Weiwei al divieto del burkini in Francia. L’immagine dell’invasione di locuste che nel 2020 ha spazzato via interi raccolti nel cuore del Pakistan si sovrappone a “Le semeur au soleil couchant” di Van Gogh. Il linguaggio impersonale dei mattoncini colorati traduce due delle opere più celebri di Leonardo da Vinci, “La Gioconda” qui ritratta imbrattata di torta dopo l’azione degli attivisti ambientalisti e “Ultima Cena” dove il volto di Ai Weiwei si sostituisce a quello di Giuda. La querelle con l’azienda Lego che si rifiutò nel 2015 di evadere un grosso ordine di mattoncini affermando di non voler usare i propri prodotti per scopi politici – atto che l’artista definì censorio e discriminatorio – è ricordata in “Broadway Boogie Woogie in Combination of Lego”.
Il percorso espositivo prosegue con opere che danno voce a questioni urgenti e di drammatica attualità come la guerra e le fughe di gas dai gasdotti. Tra i lavori inediti “Cloud” e “The U.S. Navy collecting the remnants of a Chinese high-altitude surveillance balloon shot down by an Air Force fighter”, immagini che ci riportano all’abbattimento da parte di un caccia statunitense di un pallone aerostatico cinese accusato di spiare siti strategici, un incidente che ha portato a un drastico inasprimento dei rapporti diplomatici tra le due potenze mondiali.
Il forte legame di Ai Weiwei con la tradizione e la millenaria cultura cinese – verso la quale l’artista manifesta un rispetto deferente, accompagnato da un’incredibile capacità di proiettarsi nella modernità – prende forma in una serie di opere storiche, tra queste: “Treasure Box” (2014), un cubo finemente decorato con disegni a intarsio e arricchito da aperture esagonali che lasciano intravedere i ripiani interni; “Marble Cube” (2010) che coniuga la scultura minimalista degli anni sessanta e i memoriali realizzati in marmo, un materiale comune sia alla tradizione cinese che a quella occidentale; “Porcelain Cube” (2009) creato nello stile Qinghua (porcellana blu e bianca). Il giardino accoglie due grandi installazioni “Pick Up Stick” (2006), un gioco da tavolo conosciuto nel mondo con nomi diversi, in Italia Gioco dei bastoni o Shanghai, nell’antica Cina si chiamava Chien Tung ed era utilizzato per la pratica oracolare; “Pillar” (2006) grandi vasi in porcellana perfettamente integrati con l’ambiente, con i loro due metri di altezza esplorano i limiti della lavorazione di questo materiale considerato tradizionalmente la più alta espressione di arte cinese.
L’installazione collocata in platea, “Stools”, è realizzata con circa 3.000 sgabelli risalenti alle dinastie Ming e Qing e all’era repubblicana che, collegati tra loro, formano una superficie lignea che riveste il pavimento della sala. Raccolti nei villaggi della Cina settentrionale, con la loro struttura solida e semplice, parlano di una progettualità rimasta immutata per centinaia di anni.
Conclude il percorso espositivo “Huantou Guo” (2015) una creatura mitologica fluttuante realizzata in bambù e seta. A partire dal 2013, Ai Weiwei inizia a creare opere utilizzando il linguaggio degli aquiloni tradizionali cinesi e crea una serie di opere ispirate allo Shanhaijing (Classico delle montagne e dei mari). Il testo, che risale al IV secolo a.C., è un’importante documentazione della mitologia, della geografia, della cultura e della struttura sociale dell’epoca. Mentre la maggior parte degli aquiloni tradizionali sono bidimensionali e destinati al volo, l’artista spinge gli artigiani a esplorare i limiti di ciò che è possibile fare con questi materiali familiari dando così vita a opere di grandi dimensioni, con disegni più elaborati e forma tridimensionale.
Dal 13 aprile al 15 settembre 2024
Galleria Continua, Via del Castello 11, San Gimignano